Suoni e movimenti che contano. Judith Butler e gli animali
Recensione di Deborah Ardilli (Il Lavoro Culturale)
Ha il valore di una scommessa questa raccolta di saggi curata da Massimo
Filippi e Marco Reggio. E non è difficile indicarne la ragione: chi
volesse giustificare l’accoppiamento tra il pensiero di Judith Butler e
le istanze politiche dell’antispecismo sulla base di un criterio
strettamente contenutistico, lasciandosi cioè orientare dalla frequenza
dei pronunciamenti della femminista statunitense sulla questione
animale, si troverebbe nella stessa situazione di chi, con un pugno di
sabbia in mano, pretendesse di dire qualcosa a proposito del deserto. È
ben vero, infatti, che le sonde lanciate dalla “seconda” Butler nel
campo della vita precaria rispondono in maniera convincente all’esigenza
di destabilizzare le premesse umanistiche su cui è stata edificata
l’ontologia liberale del soggetto, registrandone puntigliosamente i
punti di caduta e i momenti di crisi. Ma non è altrettanto
scontato che uno sguardo attento all’«interminabile spettralità» che
imprigiona il vivente esiliato ai margini della norma antropocentrica
comporti uno scatto di solidarietà interspecifica verso il tema della
liberazione animale.